Azienda Agricola La Lama
Facciamo il vino che piace a noi, non alle leggi del mercato.
Sarah Campani è diretta e decisa. Una donna tutta d’un pezzo, come sua mamma Tiziana.
Nuvole e vento ci fanno compagnia mentre percorriamo la strada provinciale 111/B di Monteaperti, quella che serpeggia a pochi chilometri dal centro storico di Castelnuovo Berardenga.
Nel cuore della Toscana, in una delle zone vitivinicole più conosciute e visitate al mondo, siamo circondati da colline disegnate da ulivi e da filari di Sangiovese.
L’atmosfera è quasi irreale nel suo silenzio umido, nelle nuvole cariche di pioggia in lontananza, nel rumore della Wrangler sui sentieri di terra battuta.
L’Azienda Agricola La Lama, esposta su una collina panoramica a 350 metri sul livello del mare, sembra crearsi all’improvviso tra gli argini delle vigne e le chiome dei cipressi.
L'aria pungente che ci accoglie appena scesi dalla macchina ha il compito di ricordarci che è ancora inverno. Il freddo però non ce la fa a impedirmi di contemplare a lungo la FIAT 500L del ‘75 adagiata sotto la tettoia. In testa mi frulla già l’idea di fare un’offerta ai proprietari, per fortuna Simona mi allontana prima di far danni.
Senese. Avvocato penalista di rinomata fama. Unico uomo di casa. È Duccio Campani, che appare tra gli ulivi che circondano la tenuta e ci invita subito a seguirlo all’interno per trovare un po’ di conforto dal gelo.
Nella sala di vinificazione - “scusate, è un pochino sottosopra perché s’è appena imbottigliato” - ci attende sua figlia Sarah.
Non ci mettiamo molto a capire che siamo di fronte a una toscana pura, vera, pragmatica, decisa.
A me, che sono emiliano, i toscani fanno simpatia per gli intercalari, la C aspirata e il fatto di essere persone aperte. I toscani non nascondono nulla! Se qualcosa non gli torna lo fanno capire senza mezze misure, ma anche se apprezzano qualcuno si vede subito.
Sarah ci “prende per mano” e ci fa strada nella storia della sua famiglia.
Con una parlantina che non ha nulla da invidiare a quella dei miei conterranei ci spiega che La Lama è una delle più piccole aziende del Chianti Classico senese, con 2,5 ettari di vigneti e una produzione pari a 7.000 bottiglie l’anno. Tutte imbottigliate a mano in 2 giorni. Sono meravigliato e impressionato. Nel ripetere questi numeri per esser sicuro di aver capito bene, ho la sensazione di doverlo fare sottovoce per timore che svaniscano e per mostrare il giusto rispetto.
A La Lama vengono prodotte solo tre etichette, e tutte e tre devono invecchiare minimo 5 anni in cantina prima di essere messe sul mercato. Una rarità. “Facciamo il vino che piace a noi, e questo vuol dire dare la precedenza alla qualità rispetto alle leggi del mercato. Noi scegliamo di aspettare perché il Sangiovese non chiede fretta ma tempo.”
Attraversiamo la sala dei tini d’acciaio e seguiamo Sarah nella seicentesca cantina sotterranea completamente in tufo con volta a botte: un esempio unico in questo territorio. “È nel Caveau che il vino riposa ed evolve.”
L’aria che si respira è inconfondibile: umidità, muffa, terra e legno. Qui le grandi botti in rovere naturale francese da 1000 lt trattengono per 3 anni il Chianti Classico e la Riserva, mentre i tonneaux da 500 lt leggermente bruciati trasmettono al vino sentori speziati di vaniglia, cannella, tabacco.
Simona, che ha un’intelligenza emotiva di gran lunga superiore alla mia, non può esimersi dal chiedere a Sarah se si è “sempre vista qui”. La risposta è pura onestà: “Qui è dove sono nata e dove ho sempre vissuto. All’inizio non mi piaceva. Ho fatto il corso di sommelier per capire: capire i vini, capire tutto quello che ci sta dietro, e capire i miei genitori. La passione è nata quando mi sono resa conto che di realtà familiari così piccole ne sono rimaste poche, e che farne parte era la mia fortuna. In quel momento ho deciso che sarebbe stata la mia vita.”
Abbònati
Ogni mese noi giriamo il mondo per scoprire una cantina esclusiva. Ogni mese tu ricevi a casa quella che per noi è la sua migliore bottiglia: un vino sempre nuovo, pregiato e sorprendente. A Natale con il 10% di sconto.
È il momento di mangiare qualcosa. Nella sala del grande frantoio, seduti intorno a un enorme tavolo in legno massello degno di un refettorio monacale, siamo invitati ad assaporare piatti tipici toscani mentre ascoltiamo gli aneddoti della famiglia dalla bocca di una donna tutta d’un pezzo: Tiziana Atzeni. La mamma di Sarah.
Ci spiega che la tenuta è stata acquistata dai nonni di Sarah alla fine degli anni ‘60. Utilizzata solamente come casale di campagna nei weekend o durante l’estate, all’inizio non aveva la velleità di essere un’azienda vinicola. Fino a quando il nonno Giulio Campani, noto banchiere senese, non ha iniziato a produrre vino per hobby, per sé stesso e per gli amici. Poi, nell’88, Duccio e Tiziana si sono sposati e hanno deciso di venire ad abitare stabilmente nel casale. Oltre a essere innamorati fra loro, con questo luogo incantevole era scattato il colpo di fulmine.
È evidente che oggi sono Sarah e Tiziana le burattinaie di questo spettacolo sempre in cartellone: la produzione di vino a La Lama.
Duccio si presenta nei fine settimana, quando lascia le sue scartoffie da azzeccagarbugli per prendere in mano chiodi e martello e trasformarsi nel tuttofare della tenuta. È questa sua passione per il lavoro manuale ad aver generato, nell’immaginario di Sarah bambina, l’idea che il padre fosse un falegname. Ed è proprio così, almeno nei weekend.
Veniamo al dunque. In un susseguirsi di focacce, salumi e crostini, i bicchieri accolgono uno dopo l’altro i tre prodigi dell’azienda.
La prima emozione ce la regala Sottol’aia. L’etichetta è chiara, e ci riporta al sole della Toscana, alla luce, alle giornate lunghe dell’estate, alla voglia di giocare, ridere, vivere. Il nome è volutamente irriverente, prende in giro le grandi realtà come Solaia, Sassicaia e Ornellaia. Ma è anche un nome didascalico, visto che le uve di cui è fatto provengono proprio da una vigna “sotto l’aia”. È un Sangiovese 100%, vero, schietto, diretto. È onesto dal primo sorso all’ultimo, e mi conquista per questo.
Mi riporta alle bevute con l’amico Guido Cappelli durante il palio di Siena, alle lotte con il barbecue sotto il sole di luglio, alle risate intorno a un tavolo, alla felicità e agli abbracci.
L’alter ego di Sottol’aia è Caliptra IGT. Il nome greco (kalýptra) designa la capsula che protegge il fiore dal quale nasce l’uva. L’etichetta è buia perché rimanda alla veduta della tenuta di notte: Caliptra, ci dicono, è un vino dal tramonto in poi, da cena importante, da cieli stellati. Va assaggiato più volte per capirlo perché si presenta come un vino “piacione”, e invece la sua anima è tutto fuorché semplice, dal momento che per ottenerla il processo è lungo e complicato.
Tiziana è palesemente compiaciuta dell’espressione sui nostri volti e ci spiega che quello che stiamo provando è il loro obiettivo, il motivo per cui mettono il cuore.
“A noi piace che le persone vengano a trovarci. Qui non si viene solo per degustare un calice di vino, ma anche per stare al caldo in ogni senso, per godere del calore della compagnia e delle calorie delle bruschette fatte col nostro olio, mentre si fanno due chiacchiere sulla campagna. Oltre a farlo, il vino, ci piace raccontarlo, far capire alla gente lo spirito con cui lavoriamo.”
E per stupirci definitivamente Sarah ci presenta Terzo Movimento. Il nome dell’etichetta ha tre significati tutti legati al numero 3: è il terzo vino di La Lama, poi richiama il minuetto, cioè il terzo movimento nella musica classica, e anche il terzo senso coinvolto nella degustazione (dove il primo è la vista, il secondo è l’olfatto e il terzo è appunto il gusto). Sull’etichetta c’è una chiave di violino perché, ci spiegano, questo non è un vino fatto per bere ma per meditare.
Sottol’aia, Caliptra IGT e Terzo Movimento sono gli unici tre vini prodotti a La Lama.
Se li trovi qui, e anche nel nostro archivio, è perché per noi sono tre prodigi.
Terzo Movimento ha bisogno di invecchiare un anno in più, cioè sei anni invece di cinque. Tiziana mi legge nel pensiero: “Avendo ormai una certa età, a ogni vendemmia ci promettiamo di assaggiarlo quando sarà pronto.”
Ci pensa Duccio ad alleggerire, fingendo una vena di scetticismo: “Io ho qualche anno in più e ci vado un po’ più cauto con le promesse. Si vedrà se lo assaggerò!”
La positività, l’energia e l’umorismo di questa famiglia sono invidiabili.
Non ho mai avuto grosse frequentazioni con le pecore. Hanno occhi inquietanti, ti fissano, sembrano giudicarti. Insomma, non mi hanno mai fatto impazzire.
Ma, appena sbucati sul ghiaiato, Sarah ci informa che lei ne ha “addomesticata” una e la chiama a gran voce:
“Verbena!”
Al richiamo della padrona il belare si fa potente e l’ovino sbuca dall’angolo del giardino per correre incontro a Sarah in cerca di coccole.
A La Lama tutto è possibile: Chianti invecchiati 6 anni, pecore domestiche e vicini di casa di alto lignaggio.
Già.
Indicando verso ovest per mostrarmi i limiti della tenuta, Sarah porta la mia attenzione alla linea di cipressi di Castell'in Villa, la nota proprietà della Principessa Coralia Gherorts Pignatelli della Leonessa, una sacrosanta celebrità da queste parti.
Non posso farci niente. Scatta in automatico. Il ricordo della Contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare di fantozziana memoria è lì. Mi figuro una donna segaligna, dai lineamenti aristocratici, con un cappello di piume a tesa larga a cui tutti si rivolgono genuflettendosi. Ci pensa Sarah a spazzare via questa rappresentazione irrispettosa, condividendo con noi la stima per la Principessa. Donna forte e determinata, nasce in Giappone, cresce in Grecia, si stabilisce a Roma e infine sceglie la zona del Chianti per fare la guerriera e la pioniera in un mondo maschilista com’era quello del vino negli anni ’60. Questo mondo la vedrà diventare la fondatrice di un impero intitolato al Sangiovese.
Penso che tra Tiziana, la mamma di Sarah, e la Principessa devono esserne scoppiate parecchie di scintille. Immagino le discussioni nate su quell’unica strada sterrata che collega le due proprietà. Incontri tra pesi massimi di fermezza.
Siamo ai saluti, come sempre il momento più difficile. Sarah e Tiziana ci congedano affettuosamente, e quest’ultima mi fa un dono prezioso dicendomi: “Tu sei il collegamento tra il piccolo produttore di eccellenze e l’appassionato di vino, che beve non per bere ma per entusiasmarsi.”
Ci siamo capiti al volo.