Antigua Real Fábrica de Hojalata
Si dice che i vini naturali non siano perfetti. Ma chi vuole essere perfetto?
Enrique Ruiz Fernandez non ha dubbi: preferisce avere imperfezioni ma essere autentico, come i suoi vini 100% naturali dalla vigna all’imbottigliamento e anche oltre.
Quando smonto da cavallo a Taramona, davanti a un’antica fattoria del XVI secolo a cui mancano pezzi di tetto e di mura, smonto anche un mio pregiudizio. Nel programmare il viaggio in Andalusia mi ero convinto che questa regione della Spagna fosse ormai stata interamente sperperata dal turismo e la sua anima rovinata da un'industria rapace.
Due persone mi hanno fatto ricredere nell’istante in cui le ho incontrate.
La prima è George Scott. Un inglese, eppure in qualche modo più spagnolo di tutti gli spagnoli mai incontrati, che per tre giorni e tre notti ci guida lungo un percorso a cavallo usando antiche mappe che seguono i vecchi sentieri abbandonati del bestiame.
Sul dorso di cavalli purosangue attraversiamo paesaggi di indescrivibile bellezza, immersi nel silenzio spezzato solo dal respiro dei cavalli e dal crepitio degli insetti.
Quest’uomo e questo primo contatto ravvicinato, corpo a corpo, con l’Andalusia mi ricordano come sognare.
Con i jeans impolverati e i cappelli da cowboy gettati nel retro della jeep, lasciamo Taramona per dirigerci tre ore a sud.
Secche valli color mandarino disseminate di ulivi e fiancheggiate da montagne ricoperte di pini ci fanno da sfondo. È una scenografia naturale maestosa, che incarna senza sforzo il romanticismo rurale del sud della Spagna.
A soli 40 minuti di auto da Ronda ma a un milione di anni luce dalla folla che si accalca per ammirare la gola di El Tajo della città, un sentiero difficile da percorrere permette di accedere a un ambiente difficile da eguagliare per ricchezza di materie prime naturali. Una valle boscosa curva, irrigata da un ruscello.
Un ponte di accesso.
E in fondo un borgo, un agglomerato di case in pietra, una piazza a U – Plaza de San Miguel – una chiesa e soprattutto l’Antica Fabbrica Reale, che risale al 1725 e che può vantarsi di essere il primo altoforno e la prima industria siderurgica nazionale. Quest’angolo remoto della Serranía de Ronda fu scelto all’epoca perché ricco di legname, essenziale per ottenere il carbone utilizzato nella fonderia, e di miniere di ferro superficiali, oltre che per la possibilità di sfruttare il pendio e l'acqua del fiume Genal per muovere le ruote dei macchinari. Se la sua posizione così appartata fu considerata all’inizio un vantaggio per proteggere il "segreto" delle lavorazioni, in seguito divennero un grosso e costoso inconveniente, tanto da decretare già dopo pochi anni l’abbandono dello stabilimento.
È qui davanti che siamo accolti da Enrique Ruiz Fernandez, la seconda persona che mi ha fatto ricredere sull’Andalusia.
“Benvenuti nel mio mondo” e subito aggiunge “nella tua foto di Whatsapp hai la barba più corta, sei diverso”.
Mai sentito modo più rapido per rompere il ghiaccio.
Enrique Ruiz Fernandez è l’attuale proprietario di Antigua Real Fábrica de Hojalata, da lui ristrutturata completamente.
Ciò che vediamo una volta oltrepassata la porta verde di ingresso richiede tempo per essere compreso, ed Enrique questo lo sa perfettamente. I colori, gli spazi, i dettagli e anche le persone creano una realtà bucolica dove Spagna, Francia e Sud America si fondono perfettamente.
In questo luogo, che Enrique si è ricostruito per farne la propria casa e la casa di chiunque voglia andare a trovarlo, si è liberi di essere sé stessi e ci si può fermare per qualche ora, una notte o un mese.
Al momento, a condividere con noi una tazza di caffè colombiano, c’è Fernando, venezuelano arrivato da tempo e senza la benché minima idea di quando ripartirà. Dalla cucina si affaccia per un saluto Vincent, un francese di cui Enrique non sa quasi niente e che mi dice essere arrivato qualche giorno prima, e chissà - anche lui - quanto si fermerà. Enrique è così, ha un’anima bohémien che mette al servizio di tutti.
Mentre sorseggia il suo caffè, il padrone di casa inizia a raccontarci la storia del luogo.
Lo fa in modo pacato, quasi poetico.
La Real Fábrica, situata nel comune di Júzcar nell'Alta Valle del Genal, venne costruita per ordine di Re Felipe V e per 15 anni ebbe il monopolio nazionale della fabbricazione della banda stagnata. La leggenda narra che il Re di Spagna avesse ordinato il rapimento degli ingegneri tedeschi a conoscenza della formula per ottenere lamiere di ferro e acciaio, e che questi ingegneri avessero lasciato la Germania nascosti in botti di vino.
La fabbrica fu la prima del suo genere in Spagna e rimase in funzione solamente dal 1725 al 1788, quando cadde in rovina, diventando luogo di ritrovo e nascondiglio di banditi e contrabbandieri.
Già questo è affascinante, ma la parte migliore deve ancora arrivare.
"Prima mi dedicavo alla consulenza finanziaria internazionale, viaggiavo per tutto il mondo, ma un giorno qualcuno mi disse che se non avessi messo radici da qualche parte non mi sarei mai sviluppato del tutto”.
Nel 2001, già in fuga dalla frenesia della movida metropolitana spagnola e già alla ricerca di queste radici nelle più serafiche terre della Spagna del sud, Enrique ha l’occasione di acquistare la Antigua Real Fábrica de Hojalata da una stravagante coppia di inglesi.
L’uomo è una ex spia della CIA che qui nella Fábrica ha trovato il proprio nascondiglio, la donna è indovina e cartomante. Vivono insieme nell’unica stanza all’epoca abitabile della proprietà.
"Il prezzo di vendita iniziale era molto alto ma l'indovina mi disse che aveva letto la mia aura e che dovevo essere io il proprietario, e così alla fine ho ottenuto la fattoria a un prezzo ragionevole."
Abbònati
Ogni mese noi giriamo il mondo per scoprire una cantina esclusiva. Ogni mese tu ricevi a casa quella che per noi è la sua migliore bottiglia: un vino sempre nuovo, pregiato e sorprendente. Se scegli un abbonamento annuale e paghi in un’unica rata, hai uno sconto del 10%.
Io e Simona vorremmo solo che il racconto proseguisse. Non rimaniamo delusi.
A propria volta la bizzarra coppia inglese aveva acquistato la Fábrica da un pittore danese, venuto qui per vivere da eremita e dipingere la propria agonia dopo un amore rifiutato durante un viaggio in Giappone. Roba che se la scrivesse uno sceneggiatore, il capo sceneggiatore gli direbbe “too much, non è credibile”.
Nel 2018, dopo 15 anni di restauro ininterrotto della Fábrica con utilizzo esclusivo di materiali originali, Enrique riceve dal proprio Paese il glorioso e ambito riconoscimento di miglior recupero di un patrimonio nazionale e lui commenta così: “Preferisco ricostruire e ridare vita a quel che c’è già piuttosto che costruire dal nulla.”
Ci mettiamo a passeggiare tra le aree una volta dedicate alla produzione metallurgica e ora invase dalle viti. Simona ha studiato prima di arrivare qui e non vede l’ora di sfoggiare quello che ha imparato, pertanto chiede a Enrique cosa lo abbia spinto a produrre Pinot Noir nel punto più a sud d’Europa. Con l’aplomb che stiamo imparando a conoscere lui risponde: “Se vuoi vendere vino, devi produrre il vino che ti piace e che tu compreresti”.
Ed eccoci all’interno del vecchio magazzino dei laminati, ora adibito a luogo di produzione del vino.
Enrique ci tiene a dire che i suoi sono tutti vini biologici e naturali al 100% e ci tiene anche a puntualizzare una cosa.
“Si dice che i vini naturali non siano perfetti. Ma chi vuole essere perfetto? Tu vuoi essere perfetto, Gunter? Io preferisco avere imperfezioni ma essere autentico.”
Ma cosa vuol dire naturale al 100%? Qui, ad Antigua Real Fábrica de Hojalata, vuol dire che la chimica, dalla vigna all’imbottigliamento, non entra mai nel processo di produzione. E per mai Enrique intende mai: “Questo è il nostro primo principio filosofico e lo rispettiamo in tutti i processi produttivi: non solo nella parte agricola, ma anche in quella industriale."
Le coltivazioni sono biologiche, la vendemmia segue il ciclo lunare, i lieviti sono indigeni, i solfiti non superano mai i 40 milligrammi per bottiglia, il sughero dei tappi è ricavato dalle querce della tenuta, il sigillo di chiusura è realizzato con cera d'api proveniente dai favi della tenuta, l'etichetta è realizzata con una serigrafia di ingredienti naturali sul vetro stesso, le bottiglie pesano meno di 500 grammi, tutti gli impianti funzionano solo con energia rinnovabile solare, eolica e idraulica.
Io e Simona siamo impressionati, ammirati, anche un po’ intimoriti da tanta determinata coerenza con i propri valori.
C’è un secondo principio filosofico da rispettare: vuole che i vitigni utilizzati siano autoctoni e che si provi a recuperare quelli che si sono persi nel tempo, come Tintilla, Garnacha e Moscatel Morisco. Unica eccezione il Pinot Noir, originario della Borgogna francese, il cui comportamento in questa tenuta sta attirando viticoltori da tutto il mondo, anche perché (come Simona sa già) questa piantagione è stata dichiarata dall’Unione Europea la più meridionale d’Europa.
Enrique fa partire la nostra degustazione proprio da Pinot Noir.*
*Il Pinot Noir è un'uva difficile, da coltivare e da vinificare. Richiede condizioni climatiche idonee e se non le trova produce vini modesti e senza pretese. Invece, se messa in grado di dare il meglio di sé, genera vini eccezionali, capaci di essere sia vivaci sia fini, delicati e di carattere, con stile e grinta, leggerezza e persistenza. La sua terra d’origine è la Borgogna e il suo vanto è la vinificazione in rosso.
Nessuno parla durante l’assaggio di quest’esplosione di frutta rossa matura con sentori di spezie, ed Enrique si abbevera dei nostri sguardi di approvazione e soddisfazione. Li assapora. Sorride. Io ho già deciso che è lui il mio preferito ma non ho fatto i conti con gli altri due prodigi della tenuta, che da qui in poi faranno di tutto per farmi cambiare idea.
Per primo ci prova Moscatel Morisco. Il vino di quest’uva, autoctona di La Serranía de Ronda, nel suo primissimo anno di produzione è stato valutato 94 su 100 dalla rivista Gúia Peñin.* Continua a eccellere in termini di qualità ed è considerato uno dei migliori vini bianchi dell'Andalusia.
*Questa guida è un vero punto di riferimento mondiale, il più importante di tutti, per i vini spagnoli. L'influenza di José Peñín, creatore della guida, è paragonabile a quella di Robert Parker negli Stati Uniti. I vini sono valutati da un team di esperti in una scala da 50 a 100 punti.
Simona al primo sorso se ne esce con un genuino e spontaneo “Che buono!”.
Naso e palato sono tra loro completamente differenti, olfatto e gusto prendono due strade diverse, entrambe sorprendenti. Sì, direi che “sorpresa” è la parola che meglio definisce questo bianco secco così singolare.
Con KBR.Net si torna al rosso e si conclude in bellezza. Il vino si presenta al naso con aromi di anice e mentolo. A occhi chiusi sembra un profumo, e quando passi alla bocca è la frutta rossa a farsi strada. Così spagnolo eppure così francese come gli altri due, tutti deliziosamente eleganti ma strutturalmente complessi.
Ognuno dei tre, ci fa presente Enrique, ha un carattere distintivo che varia di anno in anno.
Pinot Noir, Moscatel Morisco e KBR.Net sono tre veri prodigi spagnoli. Da Antigua Real Fábrica de Hojalata a casa tua in un clic, basta che passi dal nostro archivio.
La voglia di condividere non si ferma qui.
Economista, poeta bohemien, filosofo e, scopriamo adesso, anche cartografo.
Rimaniamo senza parole nel vedere la collezione di carte topografiche appese alle pareti del salone che abbiamo appena raggiunto: è una vera e propria collezione, che ci viene mostrata con immenso orgoglio in un silenzio solenne.
La visita è finita. Le emozioni no. Sono all’ombra delle piante di fichi che popolano la piazza della Fábrica, sdraiato su una delle sue amache.
Mi ritrovo catapultato tra le pagine di uno dei miei libri preferiti, “La Storia del Toro Ferdinando” di Munro Leaf, dove il toro è talmente sedotto dai fiori tra i capelli delle donne che si sdraia in mezzo all'arena per goderseli.
Tra un pensiero e l’altro, realizzo che Enrique ha trovato la propria felicità nel rispetto di sé stesso e del Paese che gli ha dato i natali, riportando in vita un monumento storico nazionale, riscattando dall’oblio vitigni autoctoni di pregio e conquistando un record con la sua piantagione di Pinot Noir.
E tutto questo è successo perché ha dato retta a una cartomante.
Grazie, Enrique, per avermi messo a conoscenza della tua storia.