Amici in Bolla
La vigna, la creatività
e i contatti: in tre abbiamo
tutto quello che ci serve.
Stefano, Marco e Riccardo sono amici, sono soci e sono così allineati che è come se fossero sempre in bolla.
Ci sono frasi che ci colpiscono e che, dopo averci colpiti, rimangono incollate alle nostre vite. La citazione attribuita ad Einstein: “Io, come Dio, non gioco ai dadi e non credo nelle coincidenze” è una di queste.
Quattordici anni fa, quando a Siena conobbi Marco Mannini, mai avrei pensato che un giorno mi sarei trovato a passeggiare con lui tra i filari della sua vigna condividendo sogni, ambizioni e progetti. Una vigna che all’epoca non esisteva e che per molti anni ancora non avrebbe fatto parte della sua storia, figuriamoci della mia. Ma, appunto, le coincidenze non esistono.
La strada che percorriamo per arrivare a San Casciano in Val di Pesa si snoda all’interno di un paesaggio morbido, fatto di saliscendi che si ripetono tra il verde dei boschi e delle vigne.
La giornata non è delle migliori ma i finestrini abbassati riempiono la macchina del profumo di erba fresca bagnata, terra, pioggia, natura.
Marco ci attende sul ciglio della strada per guidarci in questo labirinto di stradine e sterrati.
Sembra proprio una di quelle zingarate toscane in stile “Amici Miei”. Guido senza conoscere la strada, guido senza sapere la destinazione.
Dopo alcune centinaia di metri percorsi necessariamente in modalità off road, finalmente Marco si ferma, si sporge dal finestrino dell’auto e sorridendo orgoglioso ci indica l’ettaro di terreno che si apre sul fianco della collina sotto di noi.
Un angolo di terra tutto per lui e per i suoi due soci, che prima ancora sono i suoi amici da sempre. Sì, tra il film cult di Monicelli e il progetto di Marco, Riccardo e Stefano c’è un elemento essenziale in comune: l’amicizia, quella vera.
Nel 2017 galeotta fu una cena e galeotti furono diversi bicchieri di vino. Seduti intorno a un tavolo i tre fecero le ore piccole a scambiarsi idee strambe, provocazioni azzardate, progetti più o meno surreali e desideri intimi. All’alba del giorno seguente una di queste idee non solo non si era dissolta con le prime luci, aveva anche lasciato un solco brillante nella mente di tutti: “Perché non iniziamo a produrre un vino di qualità tutto nostro? Cosa ce lo impedisce? Abbiamo tutto quello che ci serve: Stefano ha la vigna, Marco la creatività, Riccardo i contatti.”
Eccola, la fiamma dell’intraprendenza che divampa, e nell’ascoltare la storia di come si è accesa e propagata fin qui mi sento scaldare l’anima.
Tre ragazzi con lavori sicuri, ben avviati e riconosciuti, cinque anni fa decidono di investire energie, tempo e denaro in una sfida condivisa partendo da zero.
Abbònati
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Stefano Marinari, enologo di professione presso uno dei nomi più noti della Toscana, nel 2017 ha da poco acquistato un ettaro di terreno con sua moglie Andrea. Anche lei enologa, conosciuta in Cile durante il periodo della vendemmia, la ritrova in Toscana quando lei viene qui a vendemmiare a sua volta. Non tornerà più in Cile.
Marco Mannini, analista, è la mente dietro all’intuizione improvvisa e inattesa che ha convinto tutti, e in più ha l’esperienza adatta in ambito commerciale per curare la distribuzione del marchio.
Riccardo Bogi, direttore commerciale di un’azienda importante di Montalcino, ha la rete di conoscenze giusta per dare credibilità e spinta al progetto. Amici da una vita intera, soci per quella a venire.
In piedi ai margini della vigna è Riccardo, dei tre, a spiegarmi che sin da subito, nel 2017, hanno deciso di produrre uno Spumante Metodo Classico per via della loro comune passione per la bollicina. “Il Sangiovese ha da sempre similitudini con il Pinot Nero. Sono entrambi ottime basi che si prestano a diventare spumanti ma noi non sapevamo come. Ci occorrevano la conoscenza e l’esperienza, e per questo ci siamo rivolti a un caro amico di Stefano che sta nell'Oltrepò Pavese, dove il Pinot Nero viene spumantizzato da tempo. È un discorso di armonia: un dialogo perfetto tra la toscanità del Sangiovese e la signorilità del Pinot Nero pavese. Il primo nasce per essere rosso ma ha caratteristiche di salinità e mineralità che il secondo sa guidare in modo tale da aprirgli la strada verso la bolla.”
Riccardo parla e gli altri due non fanno che annuire, no intromissioni e no correzioni, al limite una piccola precisazione.
Sto assistendo a una danza verbale, è lo spettacolo in cui questi tre ragazzi così allineati fra loro sono maestri. Ora capisco fino in fondo perché abbiano scelto di chiamarsi Amici In Bolla.
Perché sono innamorati della bollicina, ok, ma anche perché – proprio come la bolla d’aria dentro la livella dei muratori – grazie alle loro rispettive competenze si posizionano correttamente l’uno rispetto all’altro, e i loro caratteri sono in perfetto equilibrio.
Stefano si avvicina con una bottiglia del loro primogenito, Sussulto, ma prima di aprirla si ferma a indicarmi i nomi blasonati che ci circondano: è affascinante vedere che questo piccolo ettaro si affaccia su realtà come Villa Tignanello o Cantina Antinori.
Mi piace moltissimo assaggiare i vini direttamente in vigna, riesco a percepire il risultato del duro lavoro fatto a mano nelle terre che mi trovo davanti, un lavoro che in questo caso specifico è reso ancora più faticoso dal fatto che qui si opera in biologico.
Stefano ci tiene a dire che a suo parere il biologico preserva la pianta mentre il convenzionale accorcia un po' la vita della vigna. “È come dare l’antibiotico a una persona. Va bene se glielo dai ogni tanto, e solo quando serve, non puoi certo darglielo sempre. Lavorando in biologico e reimpiantando parte della vigna riesco invece a mantenere qualità ed età del vigneto.”
La spuma è prorompente, il colore è brillante. Ne esce una bollicina quanto mai interessante che al naso richiama lo champagne più seducente.
Io e Simona ci guardiamo e sorridiamo: quando facciamo così è perché non c’è alcun bisogno di fare la faccia da poker. Vuol dire che apprezziamo. Parecchio.
Stefano, Marco e Riccardo stanno facendo qualcosa di straordinario.
Posso dirlo perché quando un vino è capace di farmi immaginare, vuol dire che è capace di darmi molto di più di qualche sorso di piacere.
E io, nel bere Sussulto, immagino.
Immagino, a proposito di quel serial che è la mia vita, come sarebbero stati gli episodi già andati in onda se alla sceneggiatura avessero lavorato altri autori o se al montaggio fosse stato dato un altro ritmo.
Immagino come saranno gli episodi delle nuove stagioni, ancora tutti da scrivere, anzi, da pensare. E alla fine immagino che sia il presente l’unico tempo su cui ha senso concentrarsi.
Basta fantasticare.
Riapro gli occhi.
L’abbraccio con il quale stringo Marco è più una forma di congratulazioni che di commiato.
Del resto anche il suo “ci vediamo al Palio?” suona più come una bolla papale che come un promemoria.
Ah, il Palio…quanti ricordi.